Irpinia D.O.C.


"vendemmia" (Elio Capobianco, 1999), c/o Cantine Antonio Caggiano
"vendemmia" (Elio Capobianco, 1999), c/o Cantine Antonio Caggiano
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Zona di produzione e storia

La Denominazione di Origine Controllata “IRPINIA”, e' riservata ai mosti e ai vini per le seguenti tipologie:


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«Irpinia» sottozona Campi Taurasini.

 

La zona di produzione delle uve che possono essere destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata:
- «Irpinia», nelle tipologie bianco, rosso, rosato, novello, passito (quest'ultimo con la specificazione del vitigno), liquoroso, spumante (con la specificazione del vitigno), aglianico, coda di volpe, falanghina, fiano, greco, piedirosso, sciascinoso: le aree vocate alla coltivazione della vite dell'intero territorio amministrativo della provincia di Avellino;
- «Irpinia» con l'indicazione della sottozona Campi Taurasini: l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni: Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemiletto, Paternopoli, Pietradefusi, Sant'Angelo all'Esca, San Mango sul Calore, Torre le Nocelle, Venticano, Gesualdo, Villamaina, Torella dei Lombardi, Grottaminarda, Melito Irpino, Nusco, Chiusano San Domenico.

 

Vitigni - Grado alcolometrico minimo - Invecchiamento e qualifiche

Base ampelografica
La Denominazione di Origine Controllata “IRPINIA”, e' riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione varietale:


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«Irpinia» campi taurasini: con almeno l'85% di aglianico;
per la restante parte possono concorrere, fino al 15%, altri vitigni a bacca nera non aromatici, congiuntamente o disgiuntamente, inclusi tra le varieta' idonee alla coltivazione per la regione Campania e la provincia di Avellino;
I vini a Denominazione d’Origine Controllata «IRPINIA» devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni inclusi tra quelli idonei alla coltivazione per i rispettivi bacini viticoli e unità amministrative della regione Campania iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino, riportati nel disciplinare.

 

I vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

(...)

 

«Irpinia» Sottozona Campi Taurasini:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
acidita' totale minima: 4,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.

Il vino a denominazione di origine controllata «Irpinia» Sottozona Campi Taurasini non puo' essere immesso al consumo prima del 1° settembre dell'anno successivo a quello della produzione.
E' facolta' del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, i limiti sopra indicati per l'acidita' totale e l'estratto non riduttore minimo, con proprio decreto.

 

Caratteristiche organolettiche

I vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

(...)

 

«Irpinia» Sottozona Campi Taurasini:
colore: rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento;
odore: intenso, persistente, caratteristico e gradevole;
sapore: secco, giustamente tannico, morbido, di corpo.

 

Abbinamenti e temperatura di servizio

Variano a seconda della tipologia di vino.

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Sull’intero territorio possono essere identificate tre aree viticole principali: Valle del Sabato, Taurasi e comuni limitrofi, Colle del Paternio .

Dal punto di vista della giacitura dei suoli, la provincia di Avellino è la più disforme della Campania, essendo caratterizzata da un continuo succedersi di montagne, colline e pianure, intervallate da corsi d’acqua. Le condizioni di giacitura, esposizione e altitudine sono tali da consentire la produzione di vini di pregio.

L’irpinia si estende nella parte centro-orientale della Campania: un susseguirsi di valli e alture su cui s’inerpicano corsi d’acqua. Qua si trovano le espressioni più felici della vitivinicoltura campana: vini bianchi quale il Fiano o il Greco, e i vini rossi quale il Taurasi (da vitigno Aglianico).

Le vigne di Fiano e di Greco si abbarbicano su terreni sabbiosi e argillosi o su rocce calcaree (perfino dolomitiche) dai 300 ai 600 metri lungo la valle del fiume Sabato, affluente di sinistra del più noto fiume Calore, che nasce sui 1660 metri del Monte Accellica: ossia fra i Monti Picentini, spina dorsale dell’Irpinia. Nella valle del fiume Calore, invece, si abbarbicano le vigne di Aglianico, dai 300 ai 600 metri: cioè la zona del vino Taurasi.

I terreni hanno profili giovani e immaturi e poggiano il più delle volte direttamente sui loro substrati pedogenetici, sia roccia dura e compatta sia rocce tenere argillose e sabbiose.

Lo scheletro è presente in misura modesta e formato da frammenti e ciottoli silicei o calcarei. Per contro, i terreni sono decisamente ricchi in argilla, che il costituente più importante, con concertazioni anche fino al 50% della terra fina; in molti casi la frazione argillosa e attenuata da sabbia e limo, presenti in misure notevoli oer cui gran parte dei terreni dell’areale risultano argillosi o argillo limosi (terreni pesanti), oppure sabbio-argillosi.

 

Fattori umani

La coltivazione della vite nell’area si perde nella notte dei tempi, intimamente connessa allo scorrere del fiume Sabato che l’attraversa e che deriva il nome dal popolo dei Sabini, il cui eponimo era Sabus (Cat. apd. DYONIS, II, 49; LIB. VIII, 41) o Sabatini, una tribù dei Sanniti stanziatasi nel bacino del fiume Sabatus (Livio). Lungo le anse del fiume altrettanto correvano e corrono, ancora oggi, le antiche vie univano l’Irpinia al Sannio e alleavano le tribù Irpine e Sannite. L’area si rafforza come nucleo d’insediamento e progresso per la viticultura nell’800 grazie alla scoperta di enormi giacimenti di zolfo nel comune di Tufo. La presenza e la disponibilità dello zolfo gioverà all’esplosione della coltivazione della vite in tutta l’Irpinia, dando origine in contemporanea alla tecnica della “zolfatura” che permetteva di proteggere i grappoli dagli agenti patogeni esterni.

Il grande sviluppo dell’economia vinicola Irpina in epoca moderna si con l’avvio delle grandi esportazione dei vini Irpini verso la Francia. Il vino Irpino diventò grandemente ricercato con prezzi medi di 25-30 lire/centaro (75 Kg). La vite divenne la più importante fonte di ricchezza della nostra provincia (A. Valente). In quel periodo la superficie impiantata superava i 63.000 ettari, di cui oltre 2000 in coltura specializzata (F. Madaluni 1929).

Nella relazione “I vini dell’Avellinese”, Amedeo Jannacone, 1934: “Appare evidente che l’industria vinicola rappresenta in Irpinia una attività agraria grandissima, cui corrispondono altrettanto considerevoli capitali circolanti che conocorrono ogni anno ad arrecare benessere a tante famiglie rurali. La floridezza economica di numerosi paesi della provincia di Avellino è dovuta soprattutto

alla produzione e al commercio vinicolo, floridezza che porta innegabili progressi in tutte le branche dell’attività agraria e nella vita stessa delle popolazioni rurali”.

Nel XIX secolo l’attività vitivinicola dell’intera provincia, con una produzione superiore a un milione di ettolitri largamente esportati, è l’asse economico portante dell’economia agricola degli anni, il Catasto Agrario annovera che in essa sono stati investiti capitali ingentissimi (circa 500 milioni di Lire dell’epoca), del tessuto sociale. A supporto per l’ulteriore sviluppo dell’atttività si arriva alla costruzione della prima strada ferrata d’Irpinia, da lì a poco chiamata propriamente “ferrovia del vino”, che collegava i migliori e maggiori centri di produzione vinicola delle Colline del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei. In particolare nell’area del Greco, ancora oggi, tante sono le stazioni ancora esistenti ed operanti: Tufo, Prata, Taurasi, Montemiletto.

Contribuisce a far diventare l’area uno dei più importanti centri vitivinicoli italiani l’istituzione del 1878 ella Regia Scuola di Viticoltura & Enologia di Avellino.

La presenza della Scuola, quale propulsore del progresso socio-economico, porterà la filiera vitivinicola Avellinese a divenire uno delle prime provincie italiane per produzione ed esportazioni di vino, principalmente verso la Francia, come le fonti dimostrano.

La forza dell’industria vinicola Irpina genererà lo sviluppo di un forte indotto con lo sviluppo di officine meccaniche specializzate nella costruzione e commercializzazione sia di pompe irroratrici e attrezzature specialistiche per la viticoltura sia di sistemi enologici, botti e tini.

A livello scientifico la valenza tecnico-economica delle produzioni di vini dell’Irpinia viene riconosciuto in tutti gli studi di ampelografia e enologia succedutesi nel tempo.

La diffusa e specializzata presenza della vite in tutta l’Irpina, nei secoli, dà luogo allo sviluppo nell’area di corretti sistemi di allevamento della vite che ottimizzano le esigenze tecnico – produttive con la fisiologie dei vitigni allevati. Tra questi, si ricordano: il sistema di allevamento tipico conosciuto come “Alberata Taurasina o Antico sistema taurasino”, risalente alla scuola etrusca, applicato per l’Aglianico e i vitigni rossi e il sistema avellinese largamente diffuso per la coltivazione dei vitigni bianchi: Greco, Fiano, Greco.

Anche se nel paesaggio odierno è possibile ancora vedere qualche alto festone delle tradizionali “alberate taurasine” o le i quadrati del sitema avellinese, con la moderna viticoltura, oggi, la forma di allevamento prevalente nei vigneti specializzati è la spalliera, con potature a guyot e cordone speronato a ridotta di gemme per ceppo finalizzate all’ottenimento di uve dal potenziale enologico qualitativamente ottimo e ben equilibrato. Tale sistema, nell’ultimo trentennio, ha progressivamente soppiantato sia il sistema Avellinese sia l’“Alberata Taurasina”.

La forma di allevamento prevalente nel vigneto specializzato, dell’area in questione, è la spalliera, con potature a guyot e cordone speronato a ridotta di gemme per ceppo finalizzate all’ottenimento di uve dal potenziale enologico qualitativamente ottimo e ben equilibrato. Il sesto d’impianto più frequentemente utilizzato per i nuovi impianti è di m. 2.40 x m. 1.00.

Relativamente alle forme di allevamento l’obiettivo della qualità, ha indotto i produttori a realizzare

impianti ad alta densità e meccanizzabili e negli anni tali produzioni si sono modificate sempre più a favore della qualità, aumentando significativamente il numero di viti per ettaro e con una resa produttiva tra gli 80-100 ql/Ha.

La resa in vino si aggira tra il 65-70%

Le varietà coltivate sono: Aglianico, Piedirosso, Sciascinoso, Sangiovese, cui oggi si sono affiancati, Merlot, Cabernet Sauvignon per le uve a bacca rossa; Fiano, Greco, Coda di Volpe, Falanghina per le uve a bacca bianca; salvo altre varietà minori tipiche dell’area.

 

Fattori storici

Di fondamentale rilievo sono i fattori storici – antropologici legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino IRPINIA.

La viticoltura nell’area di produzione IRPINIA ha origini antichissime che risalgono alle popolazioni locali e successivamente all’arrivo di colonizzatori greco – micenei i quali diedero primo impulso alla millenaria coltivazione della vite nell’antico Sabazios, poi ripresa dagli etruschi.

Testimonianza storico-letterarie sulla presenza della vite e, in particolar modo, del vitigno Aglianico nell’attuale area produttiva del Taurasi è data da Tito Livio, nel suo Ab Urbe Condita, che descrive una “Taurasia dalle vigne opime” fornitrice di ottimo vino per l’Impero, dove si allevava la vite Greca o Ellenica.

Confermata da una nota del 5 novembre del 1592, indirizzato al Capitano di Montefusco, capitale del Principato d’Ultra – coincidente in larga parte all’odierna provincia di Avellino - : “L’Università ha ottenuto Regio Assenso, su la gabella del vino per far pagare 4 carlini per ogni soma che entra nella terra. Ora molti particolari di Lapio portano il vino, ma non vogliono pagare perché dicono di venderlo al minuto. Il Capitano li costringa al pagamento.”

Il Giornale Economico del Principato Ulteriore del 1835, dà notizie, riguardanti la costruzione di nuove cantine nell’area e dell’ammodernamento di strutture e attrezzature, per quelle esistenti, che rappresentano testimonianze indelebili del passato. L’articolo si chiude con l’elencazione degli accorgimenti da seguire.

Attiva fonte di testimonianze sono poi le cronache del Comizio Agrario nato dalla trasformazione della Società Economica del Principato d’Ultra per Regio Decreto del Ministro dell’Agricoltura il 23.12.1866.