il Palazzo Marchionale


ingresso: Largo Duomo

visitabile: SI, su prenotazione

CENNI STORICI

 

   Questo storico palazzo è legato intimamente a Taurasi, ne rappresenta la storia. I Longobardi, nel VII sec. d.C., ne posano le prime pietre anche se basa le sue fondamenta sulla primitiva “arx de’ Romani”[1]; tra il 900-910 è distrutto dai Saraceni; nel XII sec., viene ampliato dai Normanni per poter ospitare la famiglia del feudatario, nel contempo viene rinforzato con l’aggiunta del mastio o maschio (nella fortificazione è la parte più elevata e più forte del castello); dal primo feudatario conosciuto Trogisio de Taurasi, della nobile stirpe dei Sanseverino, passa al figlio Alamo de Taurasi e da costui al nipote Ruggiero de Castelvetere; nel 1197, si rifugia tra le sue mura la contessa di Avellino Pierronne de Aquila moglie di Ruggiero de Castelvetere (secondo la tradizione, ella, nel castello morì atrocemente); passa a Pagano de Paris. Nel 1238, Enrico de Taurasi viene privato del castello che nel 1252 viene addirittura confiscato da Federico II, e poi donato a Manfredi Maletta da Manfredi di Svevia; nel 1259, rientra nel possesso Enrico de Taurasi, che lo terrà fino alla sua morte, avvenuta nel 1289. Morto Enrico, diventa erede la nipote Taurisina de Taurasi e per “maritati nomine” passa ad Enrico de san Barbato.

 

   Nel 1338, ne viene in possesso Margherita Gesualdo e sempre per via matrimoniale, tocca a Bertrando Lautrec. Nel 1418, passa ai Caracciolo, che furono portatori di grandi guai, infatti nel 1461, essendo feudatario Giacomo Caracciolo, il palazzo viene bombardato e saccheggiato dai soldati aragonesi, i danni subiti furono ingenti tanto che il Caracciolo chiese al re di esentare i taurasini dal pagare le tasse; nel 1480, nuovo proprietario è Luigi III Gesualdo; nel 1499, passa ai Pignatelli, che lo tennero per un tempo molto breve; da Consalvo Fernandes d’Aghilar de Corduba, detto “il Gran Capitano”, nel 1506 ritorna a Luigi III Gesualdo; passa a Fabrizio I; Luigi IV; Fabrizio II e poi a Carlo (12° signore di Taurasi dal 1596). Il principe madrigalista amò talmente Taurasi, da lasciarne evidenti tracce nel suo testamento redatto nel 1608, scrive infatti: “Dichiaro voglio et ordino che esecutrice di questo mio testamento et ultima volontà ho destinato la Signora Principessa Donna Eleonora d’Este mia carissima consorte […] et non volendo stare in Gesualdo, se possa ad eletione sua erigere l’habitatione di Taurasi o di Napoli […]” ed in particolare vi è un riferimento alla cappella di s. Pietro a Castello. In questo palazzo, il principe trascorre la sua spensierata infanzia -fino al 1572, quando con tutta la famiglia si trasferisce in Napoli- e qui che impara i primi rudimenti dell’arte musicale. Quando il padre glielo lascia in eredità, dopo le sue seconde nozze con Eleonora d’Este, trova il palazzo, ormai, in pietose condizioni e lo fa ristrutturare ex-novo; da Isabella Gesualdo, nel 1636, viene acquistato da Niccolò Ludovisi dei principi di Piombino; nel 1668, Giovan Battista Ludovisi cedette il feudo (con il palazzo) alla Corte regia perché oberato dai debiti, e pochi anni dopo esso venne acquistato da Isabella della Marra, finché passò poi ai Carafa d'Aragona, da questa famiglia venne alienato per circa 30.000 ducati a Carmine Latilla (nel 1726). I Latilla fanno aggiungere nuovi corpi di fabbrica; nel 1732, subisce gravi danni dal terremoto; nell’ottobre 1794, il palazzo viene confiscato; nel 1807, nella “Contribuzione Fondiaria” si legge: “Sezione A: Fontana: n. 194 Latilla Marchese, abitante in Napoli, casa di soprani 11, sottani 11. Cortile coverto e scoverto, cantina sottoposta. N. 195 Giardino murato, 2, 1° classe”; nel 1815, ne diviene proprietario il Banco del Regno delle Due Sicilie;  il 30 aprile 1824, il palazzo viene acquistato dai d’Aulisio Garigliota; il 5 gennaio 1826, la torre e le due stanze adiacenti, “[…] ove sono riposti i generi di grano e granone […] sono dati in fitto al canonico d. Felice de Arena […] obbligandosi ben tenere e non deteriore detto Locale da buon padre di famiglia, e giusta le norme della legge segnate”; … Per via matrimoniale passa ai Nobile.

 

   Purtroppo, nefasti interventi umani sulla struttura hanno procurato danni che i terremoti avevano risparmiato: tra la fine del XIX e l'inizio del XX sec., infatti, si ebbe la bella idea di creare porte e scale esterne, onde consentire l'accesso e la residenza a singole famiglie in alcuni locali del palazzo; in un documento del 20 febbraio 1926, si legge: “[…] Che il frammento della antica Arx dei Romani e del Castello trasformato in abitazioni private, […] siti nel Comune di Taurasi (Avellino) hanno importante interesse archeologico e sono sottoposti alle disposizioni contenute […]”;  non subisce molti danni dai terremoti del 1930 e 1962. Nel 1981, a seguito del rovinoso sisma del 23 novembre 1980, il palazzo viene ingabbiato da tubi di ferro e viene restaurato ed è sottoposto a vincolo ai sensi della L. 1089/39 dalla Soprintendenza ai B.A.A.S. di Avellino e Salerno; nel 1996, il Comune incarica la Comunità Montana Terminio-Cervialto per la ricerca di fondi per il restauro; nel 2004, su progetto della Comunità Montana, il 23 gennaio, si danno inizio ai lavori del restauro definitivo (con contratto firmato il 23 novembre 2003) ad opera della impresa appaltatrice Ati Chiaiano soc. coop. a r.l.-Corleone soc. coop. di Quarto (NA), il 19 aprile, si conclude l’iter procedurale per l’acquisizione del palazzo da parte del Comune di Taurasi mediante stipula del relativo atto notarile. L’opera, dopo la ristrutturazione, è stata  consegnata il 23 novembre 2006, per essere adibita a sede dell’Enoteca Regionale per i vini dell’Irpinia.

 


[1] G. ZIGARELLI, Storia della Cattedra di Avellino…, vol. II, cap. XXXI Taurasi, Napoli 1856, pp. 431.

l'ingresso su piazza Duomo
l'ingresso su piazza Duomo
l'ingresso al Percorso Sensoriale Tau
l'ingresso al Percorso Sensoriale Tau

UNA RAPIDA VISITA AL PALAZZO MARCHIONALE

 

Iniziamo la visita ed entriamo dall’ingresso principale in largo Duomo, che porta in chiave lo stemma Gesualdo-Este, subito a sinistra è quella che una volta era la prigione, sono ancora visibili sotto la volta delle scritte lasciate dai malcapitati manigoldi.

 

Attraversato il cortile, saliamo nei piani superiori. Andiamo direttamente al secondo piano, vera sede dell’Enoteca. Passiamo delle stanze (dedicate ai vari personaggi legati alla storia di Taurasi, quindi troviamo la sala Eleonora d’Este, sala s. Carlo Borromeo e così via), piene di bottiglie di vino e accediamo nella cosiddetta “Stanza del Principe” (sala Gabriele D’Isola), dove nacque (nel 1566) uno dei più grandi musicisti italiani: Carlo Gesualdo, in arte “Gesualdo da Venosa”, attuale sala di rappresentanza del Comune. Passiamo in una sala dalla perfetta forma quadrata e dalle mura molto spesse, siamo nel “mastio”, eretto dai normanni per tenere in soggezione il popolo o ultimo baluardo difensivo in caso di assedio, è ancora visibile la porta d’ingresso posta molto in alto, infatti anticamente vi era una scala in legno che veniva successivamente tirata su, da qui attraverso una stretta porticina e dalla scala a chiocciola in pietra si sale al punto più elevato del palazzo, da cui è possibile osservare uno stupendo panorama sulla valle del Calore.

 

Si passa a vedere la cappella di s. Pietro a Castello, dalla volta finemente stuccata da angeli e dal bellissimo altare marmoreo. Adiacente è il grande salone (sala Carlo Gesualdo), già “Corte di giustizia”, dove si amministrava appunto… l’autorità ed attualmente utilizzata per convegni, al presente le sue dimensioni sono alquanto ridotte, ma fino all’inizio dell’800 erano quasi doppie, da Luigi d’Aulisio Garigliota, fu ridotta a metà con la costruzione di un camino per riscaldare la grande sala. Sempre da un d’Aulisio Garigliota, invece prese il nome come attualmente è chiamato familiarmente dai taurasini il palazzo Marchionale: “Palazzo ‘e Cavallère”, Francesco aveva solo figlie femmine dette “figlie del cavaliere” dal titolo che portava, in dialetto “cavallère”.

Scendiamo al piano inferiore ed attraversiamo altre sale (tra cui sala Maria d’Avalos e varie) ed attraverso una scala in legno ci portiamo nelle scuderie, dove oggi è il “Percorso Sensoriale Tau”, un percorso unico in Italia, alla scoperta dei vini D.O.C.G. dell’Italia meridionale: Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo. All’uscita non possiamo che restare stupefatti dal grande portale finemente lavorato, qui è  “curiosamente” maestoso nonostante sia situato all’interno del palazzo, questo dopo il bombardamento e il successivo assalto del dicembre 1461, quando Taurasi fu distrutta dai soldati aragonesi, nel corso della guerra contro gli Angioini, dopo i lavori di rifacimento del XVI sec. le mura furono portate oltre e il portale ne fu inglobato. Ancora adesso sono chiaramente visibili parte delle mura annerite. 

 

Andiamo fuori su via Roma è la visita termina.

porta-finestra del mastio
porta-finestra del mastio